8 novembre 2011

"Sapere" da "La notte dei tempi" di Renè Barjavel




-Cercate di rendervi conto di ciò che sta succedendo all'interno di quell'uomo. Il tessuto polmonare è ustionato, in parte distrutto. Poichè possa tornare a respirare normalmente, a sopravvivere e vivere, bisogna che il resto del tessuto sano rigeneri quello che non esiste più. Lui dorme ancora. Ha cominciato a dormire 900.000 anni fa e continua ancora a dormire. Ma la carne del suo corpo è sveglia e si difende. E se fosse sveglio anch'egli non cambierebbe nulla. Non potrebbe fare nulla di più. Le cellule del tessuto polmonare, le meravigliose piccole officine viventi, stanno fabbricando a tutta velocità nuove officine consimili per sostituire quello che il freddo e le fiamme hanno distrutto. Nello stesso assolvono il loro solito compito, multiplo, incredibilmente complesso, nel campo chimico, fisico, elettronico, vitale. Ricevono, scelgono, trasformano, fabbricano, distruggono, trattengono, rigenerano, dosano, ubbidiscono, ordinano, coordinano con una sicurezza e un intelligenza stupefacenti. Ogniuna di esse la sà più lunga di mille ingenieri, medici e architetti. Noi siamo costruiti con miliardi di questi elementi, miliardi di misteri, miliardi di complessi microscopici, ostinati nella loroo missione, immensamente complicata. Chi li comanda, quelle meravigliose piccole cellule? Forse tu, Vignont?
        -Quali, professore?
-Non quelle di quell'uomo, ma le tue Vignont! Quelle del tuo fegato, sei tu a ordinare che svolgano le loro funzioni epatiche?
        -No, professore!
-E allora chi è che le comanda, le tue piccole cellule? Chi ordina loro di fare quello che devono? Chi le ha messe ogniuna al suo posto nel tuo fegato, nel tuo piccolo cervello, nella retina dei tuoi occhi? Chi? Rispondi, Vignont, rispondi!
        -Non lo so, professore.
-Non lo sai?
        -No, professore.
-Neanch'io, Vignont. E a parte questo cosa sai?
        -Eh...
-Non sai niente, Vignont.
        -No, professore.
-Dì: "non so niente".-
        -Non so niente, professore.
-Bravo, guarda i tuoi compagni. Ridono, ti prendono in giro, credono di sapere qualcosa. Che cosa sanno, Vignont?
        -Non lo so, professore.
-Non sanno niente, Vignont. Che cosa sto disegnando alla lavagna? La riconosci?
        -Sì, professore.
-Che cos'è? Dillo.
        -E'l'equazione di Zoban, professore.
-Senti un pò come ridono, quei cretini, perchè hai sbagliato una consonante. Credi che ne sappiano più di te? Credi che sappiano leggerla?
        -No, professore.
-Eppure sono orgogliosi di se stessi. Ridacchiano, scherzano, si credono intelligenti, e ti prendono per un cretino. Sei un cretino, Vignont?
        -Me ne infischio, professore.
-Molto bene , Vignont. Ma non è vero. Sei inquieto. Tu pensi: . Ti rassicuro: non lo sei. Sei fatto di piccole cellule, identiche alle cellule dell'uomo i cui polmoni stanno perdendo sangue, al punto 612; esattamente le stesse che costituivano il corpo di un uomo come Zoran, colui che ha scoperto la chiave del campo universale. Miliardi di piccole cellule, suprememente intelligenti. Esattamente identiche alle mie, Vignont, e le mie hanno la laurea in filosofia. Lo vedi, dunque? Non sei un cretino.
        -Si, signore.
-Ecco, te lo faccio vedere io il cretino: Julius-Jaques Ardillion, il primo della classe dalla seconda elementare in su, cervellone! Crede di sapere qualcosa, crede di essere intelligente. Sei intelligente, Ardillion?
        -Ma.. io...
-Sì, lo credi. Credi che io scherzi e che, in effetti, io creda e sappia, che tu sei intelligente. Ebbene no, Ardillion. Io credo e so che sei un cretino. Sai leggere l'equazione di Zoran?
        -No, professore.
-E se sapessi leggerla, sapresti cosa significa?
        -Penso di sì, professore.
-Pensi! Pensi! Che uomo fortunato! Abbiamo qui un Ardillon pensante! Avresti la chiave dell'universo, la chiave del bene e del male, della vita e della morte! Che ne faresti, Ardillon pensante?
        -Mah...
-Ecco, Ardillon. Ecco!

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-Io sono medico, e lei, cos'è?
        -Chimico, ma che importa, qui ci siamo di tutti i tipi..
-Si, però siamo tutti uguali. Abbiamo in comune una cosa, più forte delle nostre differenze: il bisogno di "conoscere". I letterati lo chiamano amore per la scienza. Noi la chiamiamo curiosità. Quando è integrata dall'intelligenza, è la maggiore delle qualità dell'uomo. Noi apparteniamo a tutte le discipline scientifiche, a tutte le nazioni, a tutte le ideologie. A voi non piace che io sia un russo comunista. A me non piace che voi siate dei piccoli capitalisti imperialisti, gretti e stupidi, invischiati in un passato sociale che stà imputridendo. Ma io so e voi sapete che la nostra curiosità supera tutto ciò. Voi e io vogliamo "sapere". Vogliamo conoscere l'universo in ogni suo segreto, grande e piccolo. Una cosa sappiamo già, che l'uomo è meraviglioso e che gli uomini sono meschini; che ogniuno di noi da parte sua, nel suo pezzetto di conoscenza e nel suo misero nazionalismo lavora per gli uomini. Quanto possiamo imparare è fantastico. E ciò che possiamo trarre per il bene degli uomini è inimmaginabile. Ma se lasciamo interferire le nostre nazioni con la loro idiozia secolare, i loro generali, i loro ministri e le loro spie, tutto andrà a gambe all'aria.