12 dicembre 2012

Tirocinio parte 3

Distribuzione delle stelle piu' giovani di 4.5Gy pesate per eta'

Metallicita' delle stelle (qui molto simili)
Probabilita' di formazione di pianeti attorno alle stelle
Probabilita' di distruzione dei pianeti da parte di supernove di tipo 2.
Probabilita' dipianeti abitabili
Probabilita' deipianetiabitabili di non essere sterilizzati da supernove 2.
Probabilita' che le stelle rimangano stabili e permettano l'evoluzione
Abitabilita' galattica (versione di stima)
Abitabilita' galattica (versione quantitativa)




Ora sono quasi sulla dirittura di arrivo, ne approfitto per postare le immaigni della zona di abitabilita' (e altre mappe) piu' belline che i sono uscite. ^^

6 dicembre 2012

Tirocinio, parte 2

Ora ho finalmente quasi finito tirocinio (cosa che dico da molti giorni ormai, ma questa volta dovrebbe essere vero). Molto interessante come esperienza, sia per l'ambiente che per il lavoro in se'. Aggiornero' il post in un secondo momento per parlarne meglio, per ora aggiungo qualche immagine.








26 ottobre 2012

Tirocinio parte 1

Non so ancora che forma daro' esattamente al blog, non penso proprio di fare un diario, tuttavia ora non so che altro fare e quindi scrivo un post.
Sono in una bella stanza rotonda, di una bella villa, in una giornata piovosa, a fare filmati di galassie.
Detto' cosi' sembra una cosa bella, ed in parte lo e'. Date le mie esigue conoscenze di linux tuttavia riesco a fare solo meta' delle cose che vorrei fare e mi riescono solo per meta'. Tuttavia qualcosina intanto lo faccio. Ora se riesco aggiungo anche alcune immagini...
Eccone una! Una bella galassia a disco, visualizzando solo le stelle.
Stessa galassia, stessa posizione, ma qui visualizzato solo il gas.
Ed infine (girata leggermente) ecco la galassia composta sia da stelle che da gas, carina lei...
Beh, e questa era la parte facile, poi ho provato a fare dei video, cosa venuta abbastanza mediocre... Tralasciando la risoluzione bassa per motivi di lavoro macchina, non sono riuscito ne a far rotare su due assi l'immagine ne a mettere due filmati di seguito, cosa che deve essere banalissima, ma io sono parecchio ignorante.. Oltretutto non me li lascia caricare, ma quello dovrei riuscire a farlo da casa..
Per ora mi fermo qui, a presto!




25 ottobre 2012

Introduzione, o Incipit, o Primo Post

Era usanza nelle antiche opere letterarie iniziare con una 'captatio benevolentiae' per ingraziarsi il lettore o il mecenate oppure con un'invocazione delle Muse o di una divita' protettrice. Al giorno d'oggi invece e' uso fare una dedica, o ringraziare le persone che hanno contribuito alla formazione dell'opera.
Chi scrive un blog invece come puo' iniziare? La Musa dei blogger ancora non l'hanno pensata, e ringraziare Google mi pare fuori luogo. Dedicare il blog a qualcuno? O forse a qualcosa? A meno che non sia un blog monotematico e' difficile.  Rimane quindi la possibilita' di rivolgersi ai lettori, ed e' quindi questo che faccio ora.
 
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Benvenuti! Se siete capitati qui difficilmente e' successo per caso, il web e' una grande rete, ma e' difficile finire per sbaglio in un posto piuttosto che un altro.
Qui parlero' di argomenti vari, postero' estratti di libri che mi hanno colpito e magari scrivero' qualche racconto. Se avrete la pazienza di leggere quello che scrivo, e magari commentare, cerchero' di rendere il blog piu' interessante possibile. Probabilmente sarete in pochi a leggere quello che scrivo, e per la maggior parte probabilmente sotto mia minaccia, vi ringrazio gia' di sopportarmi e di assecondarmi. Mi impegno in oltre ad aggiornare il blog in modo costante, evitanto di fare un post al secolo, ma vedremo come andra'. Per ora non aggiungo altro, spero di riuscire ad interessarvi e non annoiarvi.

"Che cos'è la libertà?" da "Guerra agli chtorr" di David Gerrold


«Quando sono io a insegnare, il corso lo devono superare tutti perché io non do
scampo. Se toccasse a voi scegliere, non vi impegnereste mai per vincere e questo vi
farebbe sicuramente perdere. Be’, mettiamola così: voi non avete scelta e prima lo
capirete, meglio sarà.» Rimase fermo in silenzio e ci fissò a uno a uno. Gli occhi
sembravano due fessure d’acciaio. Poi disse: «Sono un tipo poco raccomandabile. Lo
so. Non m’interessa niente provare il contrario. Così non aspettatevi che io cambi.
Se c’è qualcuno in questa classe che si deve adattare, quelli siete voi. Qualche
domanda?».
«Be’... sì!» Era uno dei pagliacci in fondo all’aula. «Come faccio a superare il
corso?»
«Tu non ce la farai. Altre domande?»
Non ce ne furono altre. La maggior parte di noi era troppo sbalordita per farne.
«Bene.» Whitlaw tornò vicino alla cattedra. «Mi aspetto che frequentiate tutti, e
tutti i giorni. Niente scuse. Questa classe deve lavorare per ottenere dei risultati e le
vostre sarebbero sempre scuse per giustificare il contrario.» Ci guardò fisso negli
occhi come se volesse vederci dentro. «Nessuna scusa a cominciare da subito! Da
questo momento in poi non dovete fare altro che ottenere dei risultati.»
Una delle ragazze alzò la mano. «Che succede se ci ammaliamo?»
«Hai in mente di ammalarti?»
«No.»
«Allora non ti devi preoccupare.»
Un’altra ragazza cominciò: «Che succede se...».
«Basta!» Whitlaw alzò la mano. «Vedete? State già cercando di trovare la scappatoia
che si chiama “Che succede se...?” “Che succede se mi ammalo?”, la
risposta è: fate in modo di non ammalarvi. “Che succede se la mia auto ha un
guasto?”, la risposta è: fate in modo che non succeda o fate in modo di avere un
mezzo di trasporto alternativo. Dimenticatevi le scappatoie. Non ci sono scappatoie.
L’universo non vi dà mai una seconda possibilità, e nemmeno io. L’unica cosa che
dovete fare è venire qui. Non avete scelta. Le cose funzionano così. Immaginate che
io vi tenga una pistola puntata alla tempia. Perché io... voi non sapete ancora che tipo
di pistola sia, ma il fatto è che io sto puntandovi una pistola alla tempia. O voi venite
qui tutti i giorni e in orario o io premo il grilletto e spiaccico il vostro stupido cervello
sulla parete.» Fece il gesto di puntare.
Qualcuno cominciò a tremare. Io distolsi lo sguardo. Mi era sembrato di vedere
una chiazza rossa e grigia sulla parete.
«Ci siamo capiti?» Interpretò il nostro silenzio come una risposta affermativa.
«Bene. Possiamo cominciare.»
Whitlaw si appoggiò disinvolto alla cattedra. Incrociò le braccia sul petto, si
guardò intorno e sorrise. L’effetto fu terrificante.
«Allora» disse tranquillo. «Adesso vi dico qual è l’unica scelta che avete. L’unica
scelta. Tutto il testo non sono che illusioni... o al massimo riflessi di questa scelta.
Siete pronti? Bene... l’alternativa è: o siete persone libere o siete un gregge. Le cose
stanno così.»
Aspettò di vedere le nostre reazioni. La maggior parte di noi aveva un’espressione
interrogativa.
«State aspettando il resto, vero? Pensate che ci sia dell’altro. Be’, questo è tutto,
non c’è nient’altro da dire. Quello che voi pensate sia il resto, non sono altro che
definizioni... o applicazioni di quello che ho detto. Passeremo il corso a parlare di
questo. Sembra facile, vero? Ma non è così, perché voi cercherete in tutti i modi
di rendere le cose difficili, perché questo corso non tratterà solo delle definizioni
di quella scelta... ma vi farà sperimentare quali sono i fatti derivati da quella
scelta. A molti di voi non piacerà affatto. Peccato. Ma qui non si tratta di quello che vi
piace o non vi piace. Quello che vi piace o non vi piace non conta niente quando dovete
scegliere, e voi siete qui per impararlo.»

Cominciò così.

E così che cominciai a peggiorare o a migliorare, secondo il punto di vista.
Whitlaw non entrava mai nell’aula fino a quando tutti non eravamo seduti e pronti
a cominciare. Diceva che toccava a noi organizzarci, perché lui le cose le sapeva già e
il corso era per noi.
Cominciava sempre allo stesso modo. Quando pensava che fossimo pronti, entrava
in classe e diceva: «Allora, chi vuole cominciare? Chi vuole dare una definizione di
libertà?». E noi non sapevamo che dire.

Una ragazza tentò: «È il diritto di fare quello che si vuole, no?».
«Troppo semplice» ribatté lui. «Voglio strapparti i vestiti di dosso e congiungermi
con te qui sul pavimento» disse impassibile fissandola. La ragazza rimase senza
parole, la classe ridacchiò imbarazzata e lei arrossì. «Che cosa mi impedisce di
farlo?» domandò Whitlaw. «C’è nessuno che vuole rispondere?»
«La legge» fece qualcuno. «Lei verrebbe arrestato.» Altre risate.
«Allora io non sono completamente libero, no?»
«Ah, allora... la libertà è il diritto di fare quello che si vuole senza ledere i diritti
degli altri.»
«Mi sembra ben detto... ma come faccio a sapere quali sono questi diritti? Per
esempio io voglio fabbricare bombe atomiche nel giardino dietro casa. Perché non mi
è permesso?»
«Potrebbe mettere in pericolo gli altri.»
«Chi lo dice?»
«Be’, se io fossi un suo vicino, non sarei d’accordo che lei lo facesse.»
«Perché fai tanto il difficile? Non ne ho fatta ancora scoppiare nessuna.»
«Ma c’è il rischio che succeda. Dobbiamo proteggerci.»
«Ah!» disse Whitlaw tirandosi indietro i capelli bianchi e avvicinandosi al povero
studente. «Allora sei tu a ledere i miei diritti, se dici che non posso fabbricare
le bombe atomiche.»
«Adesso si sta rendendo ridicolo, signore. Tutti sanno che lei non può fabbricare
bombe atomiche nel giardino.»
«Ah sì? Non mi risulta. Infatti, potrei fabbricarle se riuscissi a procurarmi i
materiali necessari e se avessi tempo e denaro per farlo. I princìpi tecnici sono
conosciuti. Tu stai dicendo che non avrei la capacità di portare a termine il lavoro.»
«Mmm... e va bene. Ma anche nel caso che lei ci riuscisse, i diritti dell’individuo
dovrebbero tener conto della salvaguardia delle persone.»
«Che cosa? Mi stai dicendo che i diritti di una persona valgono più di quelli di
un’altra?»
«No, io...»
«Mi era sembrato di capire così. Tu hai detto che i miei diritti dovrebbero tener
conto di quelli degli altri. Voglio capire come fai a determinarli. Ricordati, di
fronte alla legge siamo tutti uguali. E cosa fai se io penso che il tuo metodo non sia
equo? Come giustifichi la tua decisione?» Whitlaw guardò attentamente il ragazzo.
«Sta’ a sentire... questa è un’ipotesi più plausibile: io sono una vittima dell’epidemia
e voglio andare a curarmi in ospedale, ma se mi avvicino alla tua città, tu cominci
a spararmi addosso. Io dichiaro che ho diritto a entrare in città per farmi curare
nell’ospedale, ma tu dici che il tuo diritto a non essere contagiato ti autorizza
a uccidere. Quali diritti sono lesi di più?»
«Ma non è un esempio corretto!»
«Cosa? E perché no? È quello che sta succedendo in Sud Africa adesso... e a me
non interessa quello che dice il governo sudafricano, stiamo parlando di diritti.
Perché questo secondo te non è un esempio corretto? Rispecchia la tua definizione.
Allora c’è qualcosa di sbagliato nella tua definizione di libertà.» Whitlaw fissò il
ragazzo che era piuttosto a disagio. «Allora?»
Il ragazzo scosse la testa, aveva rinunciato.
«Vediamo se posso aiutarvi.» Whitlaw si voltò verso di noi. «Libertà NON è
quello che noi vogliamo. Questo non significa che non potete avere quello che
volete... voi probabilmente lo potete. Ma voglio che comprendiate che volere le
caramelle significa volere le caramelle e nient’altro. La libertà c’entra ben poco.»
Si sedette di nuovo sul bordo della cattedra. «C’è qualcuno che ha qualcosa da dire?»
Silenzio, un silenzio pieno d’imbarazzo.
Poi si sentì una voce. «Responsabilità.»
«Eh, chi l’ha detto?»
«Io.» Era un ragazzo cinese in fondo all’aula.
«Chi sei? Alzati in piedi. Fa’ vedere alla classe com’è fatto un genio. Come ti
chiami ragazzo?»
«Chen. Louis Chen.»
«Va bene, Louis. Ripeti la definizione di libertà per tutti questi zotici.»
«Libertà significa essere responsabile delle proprie azioni.»
«Giusto. Ti do 10. Rilassati pure... anzi, no. Dimmi che significa.»
«Significa che lei può fabbricarsi le sue bombe atomiche, ma se non prende tutte le
precauzioni necessarie, il governo, in nome e per conto del popolo, ha il diritto di
procedere contro di lei per garantire che lei lo faccia o per farla smettere se non lo
fa.»
«Sì... e no. Adesso dobbiamo dare un’altra definizione. Quella di diritti. Siediti
pure, Louis. Fa’ parlare qualcun altro. Vediamo chi alza la mano.»
Un altro ragazzo in fondo all’aula: «Diritti: ciò che è dovuto in base a giuste
rivendicazioni, garanzie legali o princìpi morali».
«Mmmm...» disse Whitlaw. «Mi sorprendi... è corretto. Ora, chiudi il libro e
dimmi cosa significa. Con parole tue.»
«Ehm...» il ragazzo esitava. «Ciò che è tuo per diritto. Il diritto di... cioè, il diritto
a... voglio dire, è ciò che tu puoi...» Arrossì e ammutolì.
Whitlaw lo guardò con espressione dura. «Prima di tutto, un concetto non può
essere usato per definire se stesso. E in secondo luogo, niente è di nessuno “per
diritto”. Ne abbiamo già parlato, ricordi? Non esiste la proprietà, esiste il “controllo”.
La proprietà è solo un’illusione temporanea, quindi come possono esistere i relativi
diritti? E come sostenere che l’universo ti deve passare uno stipendio.» Whitlaw
scoppiò a ridere. «Be’, in fondo, è quello che fa, ma ci vuole una vita per
guadagnarselo.»
Ricominciò a parlare a mitraglia. «Dunque, voglio aiutarvi. Quelli che noi
chiamiamo diritti sono solo roba che dicono i politici perché suona bene e così la
gente vota per loro. In realtà vi imbrogliano perché stanno confondendo le carte
e vi imbottiscono la testa per distogliervi dalla verità. Così voglio che vi
dimentichiate per un momento tutte quelle storie sui diritti perché non sono
altro che storie. Anzi, sarà meglio che vi dimentichiate la parola stessa “diritti”
nella sua forma plurale. C’è un solo diritto... che non è nemmeno un diritto nel
senso che generalmente si dà a questo termine.»
Era al centro della stanza. Si girò lentamente guardandoci a uno a uno negli occhi
mentre parlava. «La condizione che determina il fatto di essere adulto è la
responsabilità. Cos’è quello di cui avete bisogno per sperimentare la responsabilità?
E così semplice che non ci arrivereste: l’opportunità.» Rimase un momento in
silenzio affinché la parola ci entrasse in testa, poi ripeté: «L’opportunità di essere
responsabili di voi stessi. Ecco. Se non potete fare questo, non siete liberi
e tutti gli altri cosiddetti diritti sono superflui. Diritto significa opportunità...
è questa la definizione. E opportunità esige responsabilità.»
Qualcuno alzò una mano. «E le persone che non possono prendersi cura di se
stesse?»
«Parli dei pazzi e degli immaturi. È questa la ragione per cui abbiamo sorveglianti
e genitori che si prendono cura di loro, che li puliscono quando si sporcano, che li
sculacciano per insegnargli a non sporcare ancora e non li lasciano andar da soli
nel mondo fino a quando non hanno imparato. Fa parte della responsabilità degli adulti
preoccuparsi che anche gli altri abbiano l’opportunità di raggiungere lo stato adulto e
di essere responsabili delle loro azioni, da un punto di vista mentale e fisico.»
«Ma questo è compito del governo...»
«Che cosa?! Qualcuno chiami il manicomio... c’è un pazzo in libertà. Non pensi
veramente quello che hai detto, vero?»
Il ragazzo rispose testardo: «Invece sì».
«Mmmm... va bene» disse Whitlaw. «Sentiamo perché.»
«La responsabilità è del governo» rispose il ragazzo. «Anche in base alla sua
definizione.»
«Eh no! Io ho detto che la responsabilità è delle persone.»
«Ma il governo “è” le persone.»
«Davvero? Sul libro ho letto che il governo è rappresentativo del popolo.»
«Questo non è corretto, signore... il libro lo ha scritto lei.»
«Davvero?» Whitlaw dette un’occhiata al libro che teneva in mano. «E così l’ho
scritto io. Va bene, un punto per te. Mi hai preso in castagna.»
Il ragazzo sembrava compiaciuto.
«... però sbagli. No, sbagli a metà. L’obiettivo del governo, l’unica giustificazione
possibile per la sua esistenza, è di agire per conto del popolo in un settore
di specifica responsabilità a lui delegato. Ora, che significa “un settore di specifica
responsabilità a lui delegato”?» Whitlaw non attese che qualcuno rispondesse e proseguì
imperterrito. «È qualunque cosa giusta o sbagliata di cui un numero sufficiente di
persone è convinto. Ricordatelo! Un governo che agisce per conto del popolo, e in
suo nome, farà qualunque cosa sia delegato a fare, senza porsi alcun problema
morale. Se volete le prove di quello che sto dicendo, non dovete fare altro che
leggervi un buon libro di storia.» Ne prese uno dalla scrivania. «Un buon libro di
storia è uno che vi dice quello che è successo. Punto e basta. Non date retta
a quelli che cercano di spiegarvi la storia... perché significa che vogliono nascondervi il
quadro nel suo insieme.»
Si sedette di nuovo sul bordo della cattedra. «Statemi a sentire: il governo faquello
che voi volete che faccia. Se pensate “tanto io da solo non conto nulla”, state certi che
non conterete. Ma il fatto è che chiunque si sente abbastanza impegnato da
convincere altre persone, be’, lui conterà di sicuro. Non c’è bisogno che ci sia una
maggioranza. Ci sono giochi, per così dire, in cui tutti noi, che all’inizio lo volessimo
o no, ci siamo trovati dentro spinti da precisi settori della società. Per esempio
l’organizzazione militare su vasta scala, l’ente per l’esplorazione dello spazio, il
sistema interstatale di autostrade, il servizio postale, l’ente per il controllo
dell’inquinamento, l’ufficio di programmazione economica, il piano pensionistico
nazionale, l’ufficio del lavoro e perfino un vasto e complesso sistema di tassazione in
modo che ciascuno paghi la sua parte per questi servizi.»
A ogni enunciazione Whitlaw ci puntava addosso il suo lungo dito con un gesto
che somigliava a quello di un’averla che infila le sue prede sugli spini di un rovo.
«Quindi la conclusione è inevitabilmente questa: voi siete responsabili delle azioni
del vostro governo perché il governo agisce in nome vostro. È alle vostre dipendenze.
Se voi non controllate le azioni del vostro dipendente, non siete persone responsabili.
Avrete quello che meritate. Sapete perché il governo è nelle condizioni in cui è oggi?
Perché voi non fate il vostro dovere. Dopotutto di chi altri può essere la
responsabilità? Voglio dire, potete immaginare qualcuno sano di mente che
deliberatamente concepisce un tale sistema? No, nessuno sano di mente lo farebbe!
Il sistema cade continuamente nelle mani di chi vuole manipolarlo a scopo di guadagno
personale a breve termine... perché noi glielo permettiamo.»
Qualcuno alzò una mano. Whitlaw fece un gesto: «No, non ora». Sorrise. «Non sto
facendovi il lavaggio del cervello. So bene che qualcuno di voi lo pensa...
ho letto anche quello che scrivono i giornali, quelli che invocano “la fine dei corsi
d’indottrinamento politico”. Lasciatemi dire questo: dovete notare che non sto
dicendo quello che dovreste fare, perché nemmeno io lo so. È vostra responsabilità
decidere quello che volete... siete voi che dovete inventarvi la vostra forma di
partecipazione. Perché è questa l’unica scelta reale che potrete fare nella vostra vita:
partecipare o no. Potreste dirmi che anche non partecipare è una decisione... la
decisione di essere una vittima delle conseguenze. Certo, se rifiutate le vostre
responsabilità sarete vittime delle conseguenze. sempre! Potete contarci.
«Allora, questa è la frase chiave... fate attenzione. “Aspettare che qualcuno vi tolga
le castagne dal fuoco” non è soltanto lo slogan di un pigro, è anche il credo dello
schiavo. Se volete che siano gli altri a prendersi cura di voi e non volete avere
preoccupazioni, va bene... potete unirvi al gregge. Il gregge si sente al sicuro...
è così che potete riconoscere chi ne fa parte. Non lamentatevi se vi cacciano dal
recinto... hanno comprato e pagato il privilegio di esservi rinchiusi. Siete stati voi a
venderglielo. Se voi volete essere liberi fatevi entrare in testa questo: libertà
non significa starsene al calduccio. Significa afferrare al volo e usare le opportunità
che si presentano, usarle responsabilmente. Libertà non è tranquillità, è impegno. Impegno
è la disponibilità a sentirsi insicuro. Le due cose non sono incompatibili, ma state
sicuri che ci sono pochissimi uomini liberi che se la passano bene.

«L’uomo libero, ragazzi miei, non chiede solo di sopravvivere, l’uomo libero
accetta la sfida!»

"La Danzatrice" di Khalil Gibran

Per un giorno, la corte del principe invita una danzatrice
accompagnata dai suoi musicisti.

Ella fu presentata alla corte,
poi danza davanti al principe
al suono del liuto, del flauto e della chitarra.

Ella danza la danza delle stelle e quella dell'universo;
poi ella danza la danza dei fiori che vorticano nel vento.
E il principe ne rimane affascinato.

Egli la prega di avvicinarsi.
Ella si dirige allora verso il trono
e s'inchina davanti a lui.
E il principe domanda:

"Bella donna, figlia della grazia e della gioia, da dove viene la tua arte?
Come puoi tu dominare la terra a l'aria nei tuoi passi,
l'acqua e il fuoco nel tuo ritmo?"
La danzatrice s'inchina di nuovo davanti al principe e dice:

"Vostra Altezza, io non saprei rispondervi,
ma so che:

L'Anima del filosofo veglia nella sua testa.
L'anima del poeta vola nel suo cuore.
L'Anima del cantante vibra nella sua gola.
Ma l'anima della danzatrice vive in tutto il suo corpo.



 Khalil Gibran.

Dio non c'e'.

Dio è il nome di un immensa orchestra cosmica, composte da innumerabili voci di un orchestra di musicisti sordi e ciechi, ognuno che suona la sua sinfonia , il suo pezzo, i suo accordi, come infiniti assoli di strumenti impossibili.Noi non siamo altro che parte di questa folle sinfonia, siamo note in un universo armonico e caotico. La nostra vita, la nostra genesi stessa è un miracolo. Che tu sia  nata e viva ora qui, adesso è un miracolo. Le possibilità che i tuoi genitori vivessero nella stessa epoca, nella stessa regione spaziale, nello stesso mondo, che si siano conosciuti, che si siano innamorati, che abbiano generato una discendenza è un fatto dalle infinite variabili. Che i loro geni si siano combinati fino a dare origine a te è un fatto di poco più concepibile. Che il tuo spirito, la tua anima, la tua soma sia come è ora è altrettanto un miracolo. No, non è dio a darci un'anima, siano noi a crearcela ogni istante della nostra vita. Infinite e assolutamente caotici eventi modificano ogni istante noi stessi, anima mente e corpo. Ognuno di noi è un essere unico e irripetibile, e come tale ognuno di noi è dio, noi siamo esseri unici, noi siamo fautori del nostro destino. Tutto è collegato, ogni cosa dipende da tutte le altre. Ogni gesto che compiano cambia il fiume del futuro. Questo è tutto ciò che abbiamo, l'unica certezza che ci rimane, mentre trascorriamo le nostre vite galleggiando in uno spazio infinitamente vuoto, separati da abissi infinitamente piccoli eppure assurdamente incolmabili.